Giornalismo, media e istruzione: certi amori non finiscono 

Una volta Tullio De Mauro, già ministro dell’Istruzione, in un suo articolo, I dolori del giornalista scolastico, scrisse:

Ci fu un tempo in Italia una schiera di giornalisti scolastici, D’Amico, Froio, Musu, Pecorini, Tortello e Gianni Rodari. C’erano supplementi scuola nei quotidiani e pagine scuola nei settimanali. Poi le direzioni commerciali scoprirono che la scuola non porta pubblicità e perché fare i giornali se non per la raccolta pubblicitaria? Le pagine e i supplementi chiusero. La specie, non protetta dal Wwf, si è andata estinguendo. Di scuola per lo più parlano ogni tanto persone più o meno illustri che si scontrano con la difficoltà di dire cose sensate in una materia complicata, ma le insensatezze non nuocciono all’incetta di pubblicità.

A distanza di anni, occuparsi di giornalismo scolastico resta complicato: una matassa da dipanare, tanti nodi da sciogliere e altrettanti fili da legare per dare sostentamento e piattaforme a fatti; incoraggiare passioni; formare non mere schiere di giornalisti, bensì coscienze; non schiavi di tesi altrui ma padroni della parola detta, dell’azione compiuta. Perché il Giornalismo è prima di tutto azione.

Il rapporto tra media e istruzione resta però burrascoso, confinato a tematiche ampie dove istruzione ed educazione fanno per lo più da sfondo. Le notizie che conquistano i giornali non raccontano la scuola, la distruggono quando si strilla l’ennesimo titolo su cui apporre la parola bullismo adombrando le best practices e i casi di successo che fanno davvero buona la scuola.

I giornali mettono raramente la serena vita dell’istituzione scolastica in copertina, perché di scarsa notiziabilità. Da qui la necessità di far emergere la notizia, addentrandoci nella selva oscura del linguaggio giornalistico, imparando a usare consapevolmente i nuovi media. Così, a fronte di una scarsa attenzione della carta stampata nei confronti dell’istruzione, spetterà al web ridurre il gap per aprire un’ampia gamma di possibilità di approfondimento.

Alcuni sono tentativi autonomi e indipendenti che nascono con il duplice intento di formare giornalisti ma prima ancora cittadini consapevoli e responsabili che sappiano comprendere, conoscere, riconoscere, raccontare, spendersi, pensare: è il caso di Archimedia.

Un incubatore di talenti, un foglio sempre bianco per appuntare; infiniti spazi liberi in cui esercitarsi al nobile e insidioso mestiere di scrivere. Una gavetta difficile e piena di ostacoli che dura tutta la vita ma, al contempo, una palestra dello spirito che trova la sua meta più alta nella capacità di renderci ora e sempre uomini liberi, in ottemperanza all’art. 21. Perché “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Alessandra Brafa