Spunti e riflessioni sulle donne, dal Novecento a oggi, da Oriente a Occidente

Una riflessione sull’essere donna, una condizione che cambia a seconda delle variabili spazio-tempo

La Giornata internazionale dei diritti della donna, nota come la festa della donna, è l’8 marzo. Ma parlare di festa è improprio: questa giornata è dedicata al ricordo e alla riflessione sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile.

Per molti anni l’origine dell’8 marzo si fa risalire a una tragedia che sarebbe accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell’industria tessile Cotton di New York, rimaste uccise da un incendio. Questo incendio non avvenne mai, in realtà: ce ne fu uno il 25 marzo del 1911 nel quale morirono 140 persone, soprattutto donne immigrate italiane e dell’Europa dell’Est, ma non fu davvero all’origine della festività, anche se l’episodio divenne uno dei simboli della campagna in favore dei diritti delle operaie.

I fatti che hanno realmente portato all’istituzione di questa data simbolo sono in realtà più legati alla rivendicazione dei diritti delle donne, tra cui il diritto al voto.

La festa della donna, in effetti, ha origine dai movimenti femminili politici di rivendicazione dei diritti delle donne di inizio Novecento. Per alcuni anni la giornata della donna è stata celebrata in giorni diversi nei vari Paesi del mondo, mentre l’8 marzo divenne la data più diffusa in seguito alla Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste del 1921 e alla decisione, presa in quella sede, di istituire la Giornata internazionale dell’operaia.

Oggi, mentre il mondo ha fatto progressi nella parità di genere e nell’emancipazione delle donne attraverso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tra cui la parità di accesso all’istruzione primaria, donne e ragazze continuano a subire discriminazioni e violenze in ogni parte del mondo.

La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo sostenibile e in pace.
Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza negli organismi politici ed economici, concorre alla promozione di economie sostenibili, di cui potrà beneficiare l’umanità intera.

Ancora oggi, come dimostra la cronaca, la donna è spesso vittima di soprusi, violenze e la condizione femminile nelle aree arretrate del mondo supera i limiti della sopravvivenza. Gli esempi più sconvolgenti provengono, prevalentemente, dai Paesi che orbitano nella cosiddetta area del Terzo Mondo. Paesi fortemente arretrati, sottosviluppati, emarginati.

In Nepal, per esempio, circa diecimila ragazze adolescenti, ogni anno, vengono vendute dalle stesse famiglie per essere avviate alla prostituzione. Se ci spostiamo verso l’Asia sudorientale, oltre mezzo milione di bambine sono  costrette a svolgere questa attività. In Paesi come Cina e India nascere donna è spesso considerata una disgrazia e migliaia di neonate vengono lasciate morire, abbandonate o buttate nella spazzatura. Le donne afghane sono state totalmente private del diritto all’istruzione e del diritto al lavoro.

In molti di questi Stati, la donna è considerata un bottino di guerra, il suo corpo costituisce mercanzia di scambio tra le parti in guerra.
Nel Niger, Bangladesh, Burkina Faso, Mozambico, Somalia, essere una sposa bambina significa non avere il diritto di scegliere liberamente della propria vita, ad un’età nella quale le “scelte di vita” non dovrebbero essere nemmeno contemplate. Significa vedere la propria infanzia negata, non avere un futuro, non contribuire alla crescita del proprio Paese.

Anche in Occidente le donne subiscono violenze, per esempio domestiche da parte dei padri, dei fratelli, dei mariti, dei compagni e capita, purtroppo, che non li denunciano, per paura, per proteggere i figli piccoli e pure per vergogna.
A volte la violenza è psicologia: è il caso di quando si riesce, tramite anche solo l’uso della parola, a far sentire la donna una nullità, umiliandola, offendendola, denigrandola, ponendola in condizione di subalternità.

Nella nostra società, la violenza nasce dalla convinzione di essere superiori, dalla necessità di dimostrarlo nei confronti delle persone più deboli e dal fatto che non si crede più a nulla, non ci sono valori.

Il mondo, oggi, ha bisogno di “esseri umani che hanno il coraggio di essere umani”. Ha bisogno di atti di coraggio, dove il coraggio passa per la gentilezza dei gesti, delle parole, del cuore.

                                                                             Samuele Maria Cavallo