Ebrea per un giorno

Ricordo che, la notte prima di andare a visitare il campo di sterminio di Auschwitz, non dormì; avevo paura di quello che avrei potuto vedere e provare una volta lì dentro.

Scesa dall’autobus, una nube nera mi travolse e mi accompagnò per tutto il “tour”.

Fortunatamente era stato tutto ripulito e sistemato, ma è ciò che l’immaginazione ti impone che fa l’esperienza.

Visitai tutto quanto: i dormitori, i bagni e le “docce”.

Ciò che mi colpì maggiormente furono le docce, quelle finte: le camere a gas.

In giro vi erano oggetti appartenenti alle vittime, come occhiali, scarpe, addirittura capelli… Ma la cosa peggiore fu vedere le loro protesi: arrivati al campo, la tua vita era subito terminata se la tua gamba era di legno, ad esempio.

Chissà se, dopo tutto, questo fosse  un bene o un male, se si considera la vita che li aspettava una volta entrati in quell’inferno! Chissà forse  farla finita subito era meglio che subire i soprusi e le sevizie che i deportati erano costretti a patire fino alla morte.

Ad accompagnare l’esperienza vi erano suoni di sottofondo come il vocio dei deportati e quello prodotto dal treno, i cui binari arrivavano fino all’interno del campo.

Questa rimarrà sempre una delle esperienze più forti e significative della mia vita.

Visitare i campi di concentramento è importante, per ricordare che le cose che leggiamo sui libri o vediamo in televisione sono accadute realmente e per renderci conto di quanto siamo fortunati ad essere persone libere.

Ma la libertà di cui godiamo oggi, non è per niente scontata! È necessario difenderla e salvaguardarla sempre!

La minaccia del Male, la Disumanità, la Barbarie e la Bestialità di cui può essere capace l’uomo è sempre dietro l’angolo!

                                                                                       Arena Noemi, 4°A ITIS